Questo è il CENTESIMO post del blog!
Sono passati quasi tre anni da quando ho deciso di raccontare e raccogliere su
questo sito storie, esperienze, articoli e tutto ciò che ruota attorno al
binomio corsa e malattia di Parkinson.
Da allora mi sono in qualche modo evoluto, sia come runner (sono diventato un
maratoneta!), che come blogger.
Piccola parentesi: ormai “dopaminoagonista” non è più solamente il titolo di
questo blog, ispirato dal motto "La corsa è il mio dopaminoagonista preferito", ma è diventato anche l'appellativo con cui io stesso vengo chiamato nel
mondo della corsa sul web (spesso abbreviato in dopa).
E dunque "agonista" non va più inteso unicamente nell'accezione chimica di
“sostanza capace di attivare i recettori di un trasmettitore” (la dopamina),
ma anche col significato più comune di “colui che pratica sport a livello
agonistico”. Chiusa parentesi.
Anche questo blog negli anni si è gradualmente trasformato insieme a me.
Ora pubblico molti meno articoli rispetto al 2017, all'incirca uno al mese. Le
storie da raccontare certo non mi mancano ma scrivere mi costa sempre più
fatica.
In compenso i miei post sono diventati molto più lunghi, ma del resto si sa,
invecchiando si diventa prolissi!
Anche il contenuto dei post è cambiato. All'inizio l'intenzione era di creare
e mantenere un sito di riferimento per i parkinsoniani che volessero
cimentarsi con la corsa (lo so, è un argomento un po' di nicchia…).
Col tempo il blog è diventato principalmente una sorta di diario personale nel quale
riporto le mie esperienze di runner parkinsoniano.
Nello scrivere di me ora vado un po' più in profondità, raccontando quello
che vivo in maniera più intima e introspettiva, ma senza mai divagare su
argomenti che non riguardano il tema del blog (anche perché non
interesserebbero a nessuno).
Purtroppo anche il Parkinson in questi tre anni è inevitabilmente progredito
e – nonostante la corsa mi aiuti a tenerlo a bada – gli effetti diventano via
via più evidenti.
Ho pensato dunque che fosse il momento giusto per fare il punto a
proposito della compatibilità fra la malattia di Parkinson e la corsa,
intesa come attività di endurance ad alta intensità aerobica con
partecipazioni a gare su strada di media e lunga distanza.
Da qui il titolo di questo articolo che volutamente richiama quello della
seconda parte del primissimo post (aggiungendoci però un punto
interrogativo in fondo).
Sono passati dieci anni da quando ho avvertito i primi disturbi dovuti
alla malattia, ma nell'ultimo anno, anche se con alti e bassi, i sintomi
sono progressivamente peggiorati in maniera graduale ma sensibile.
In particolare negli ultimi mesi rigidità e dolori muscolari non mi hanno
dato tregua e per riuscire a correre ho dovuto affrontare maggiori
difficoltà rispetto al passato.
Nella mia testa sono pertanto tornate prepotentemente d'attualità le tre
domande di fondo di questo blog:
- È possibile dedicarsi intensamente alla corsa se si è affetti da malattia di Parkinson?
- Fino a quale livello di sforzo fisico la corsa continua ad essere salutare per un parkinsoniano? Può diventare nociva?
- Per quanto tempo, e fino a quale stadio di avanzamento della malattia, il Parkinson permette di continuare a correre?
Sono più o meno le stesse domande che mi ponevo tre anni fa riguardo alla
maratona. Se allora l'unica risposta possibile era “non lo so”, oggi ho
parecchi elementi in più a disposizione.
Ma prima di provare a rispondere faccio una premessa:
La corsa - e in generale l'attività fisica - svolta a
bassa intensità, in maniera adeguata alle proprie possibilità fisiche motorie, sono convinto non solo che sia possibile, ma anche
consigliata se non fortemente raccomandata per i malati di Parkinson,
qualunque sia il grado di avanzamento della malattia.
Qui però si sta parlando di uno sport totalmente diverso:
macinare centinaia di Km al mese durante lunghi periodi di preparazione, dedicare tutto il tempo libero a disposizione agli allenamenti, affrontare sacrifici, mantenere la disciplina senza sgarrare, monitorare i propri parametri
fisici, ecc…, con l'obiettivo di gareggiare in competizioni sulla lunga distanza al
massimo delle proprie possibilità, cercando ogni volta di migliorarsi, di
esplorare i propri limiti e spingerli un po' più in là.
Tutte cose che conosce molto bene chiunque frequenti il mondo del podismo
amatoriale.
Detto questo, se finora le risposte – almeno alle prime due domande –
per me erano scontate, ultimamente non lo sono più.
Per potersi permettere di correre con continuità senza essere tormentati
da infortuni è necessario prendersi costantemente cura del proprio corpo
per mantenerlo sufficientemente forte, flessibile ed elastico.
Quando si convive col Parkinson questo spesso non è possibile, specie se
si ha anche una famiglia ed un lavoro. Il Parkinson complica e rallenta
ogni attività quotidiana e prosciuga tutte le energie fisiche, per cui finiscono
per mancare sia il tempo che le forze.
Finora ero riuscito bene o male a cavarmela, ma le energie a mia
disposizione sono sempre meno mentre la rigidità muscolare rischia di
diventare un ostacolo insormontabile.
Il mio fisico sta invecchiando velocemente, sarebbe sciocco fare finta
di niente. Mantenere il controllo richiede sempre più impegno e
contrastare tutti i sintomi e gli effetti collaterali diventa ogni
giorno più difficile.
Ad ogni uscita nuovi problemi si sommano a vecchi infortuni che mi trascino dietro
da mesi e dai quali non riesco più a guarire nemmeno stando a riposo. Ormai mi sono abituato a correre sentendo dolori provenienti da più parti
del corpo che condizionano e limitano la mia andatura. E correre così, oltre che faticoso, rischia di
diventare anche poco piacevole.
Rimangono però alcuni dati di fatto inconfutabili:
- Quando non posso correre sto decisamente peggio. Ogni volta che sono costretto a fermarmi per qualche infortunio – e ultimamente accade spesso – i sintomi del Parkinson si amplificano, sia quelli motori che quelli non motori.
- L'incredibile potere rigenerante della corsa, in grado di spazzare via ansia, stress e preoccupazioni e restituirmi serenità e leggerezza mentale.
- Correre la maratona è l'esperienza migliore che ho fatto negli ultimi anni e nonostante ci sia messo di mezzo pure il coronavirus a far cancellare tutte le gare, conto di ripeterla ancora molte altre volte, anche se dovessi trascinarmi al traguardo su una gamba sola!
Per cui, anche se presto o tardi mi accorgerò di non essere più in grado di migliorare i miei risultati, fino a quando il fisico me lo permetterà io continuerò ad allenarmi e a lavorare per
guadagnarmi la gioia di correre una maratona al massimo delle mie
possibilità.
Mi rendo conto che chi non è un runner difficilmente arriva a comprendere la sensazione di beatitudine e appagamento che può trasmettere la passione per la corsa. Costoro li invito a provare a dedicarcisi con un minimo di perseveranza. E se siete malati sappiate che questa non è una buona scusa!
In conclusione la cosa migliore da fare per levarmi questi dubbi dalla testa e ricordarmi perché amo praticare questo sport è smettere di scrivere, infilarmi le scarpe e andare a farmi una bella corsetta.
1 commento:
Parole bellissime Edo! Non avrei mai pensato che potessi pensare di mollare... avanti così! Alla prossima maratona! 💪👏
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